Ultimi momenti
ESTRATTO DA
POSITIO SUPER MARTYRIO ET FAMA MARTYRII
BEATIFICATIONIS SEU DECLARATIONIS MARTYRII SERVI DEI
FRANCISCI IOANNIS BONIFACIO SACERDOTIS DIOECESANI
IN ODIUM FIDEI, UTI FERTUR, INTERFECTI (+1946)
Dal cap. COMMISSIO HISTORICA – LA SUA MORTE
“Si dirigono [le guardie della Milizia popolare] verso Grisignana e nascondono la macchina dietro un cespuglio. J. N. rimane in custodia della macchina mentre gli altri proseguono a piedi. J. N. aspetta più di un’ora il loro ritorno, mentre vicino a lui transitano prima un uomo e poi un uomo e una donna senza vederlo perché si nasconde.
L’uomo con i calzoni della divisa e A.R. ritornano con il prete. Tutti salgono sull’auto, J.N. e A.R. sui sedili posteriori, l’uomo parzialmente in divisa e don Bonifacio sui sedili anteriori e si riparte. Il prete aveva una borsa che teneva sulle ginocchia, quando era seduto in macchina e da questa borsa ha preso il libretto delle preghiere, che teneva in mano quando avvenivano i fatti riferiti. Il prete era testardo e continuava a dire preghiere quando l’altro gli intimava di tacere.
Il guidatore innervosito, rallenta, urta il prete con un braccio e gli dice: “sta zitto con le tue scemenze”. Don Bonifacio risponde: “che Dio ti perdoni”. Il guidatore lo colpisce con una manata sul viso. Don Bonifacio non dice niente. L’autista apostrofa don Bonifacio: “Devi fare una lunga prigionia per il male che hai fatto nella vita”. Don Bonifacio risponde: “Che Dio perdoni il male che ho fatto”. L’uomo ribatte: “Ascoltatelo! Vuole essere perdonato da Dio e non da noi. E’ a noi che hai fatto il male, non a Dio che non esiste”. Il prete riprende: “Dio ci perdoni tutti”. L’autista lo accusa di essere filo-italiano e anti-slavo, ma don Bonifacio risponde che per lui italiani e slavi sono tutti fratelli. L’autista ferma la macchina nei pressi di Peroi, scende, apre lo sportello dalla parte del sacerdote, l’afferra per il braccio, lo trascina fuori facendolo cadere dalla macchina e invita gli altri dicendo: “scendete e pestatelo”.
A.R. inizia a prenderlo a calci. Tentano di spogliare don Bonifacio ma non riescono completamente. Il prete rimane a terra per alcuni minuti, mormora preghiere, tiene il viso tra le mani.
L’uomo dai calzoni della divisa gli dice più volte di stare zitto e di rispondere alle domande che gli avrebbe fatto, ma don Bonifacio continua a pregare, allora l’uomo prende un sasso e dice: “Se non smetti di dire stupidaggini, ti do questa pietra sulla fronte”. Don Bonifacio risponde: “Ecco la mia fronte” e si toglie le mani dal viso.
Dopo averlo minacciato ancora due o tre volte, l’uomo lo colpisce con il sasso sul viso. Il prete sanguina, poi si inginocchia a terra e piega il viso al suolo. Viene finito con due coltellate alla gola. Non vengono sparati colpi di pistola per non attirare l’attenzione della gente.
Dirà poi uno dei suoi uccisori: “Questo prete non ha smesso di essere prete sino alla morte”. Il parroco, poi, non si arrabbiava mentre l’altro si innervosiva di più, specie quando invocava il perdono di Dio per tutti
Secondo J.N. don Bonifacio fu ucciso perché il guidatore dell’auto era stizzito da quelle continue preghiere. Don Bonifacio, infatti, non fece come altri prelevati che supplicavano pietà, rinnegavano il loro passato, ma era di carattere fermo e deciso e non temeva che il suo comportamento in quel momento gli potesse cagionare la morte. e, forse, questo ha innervosito l’uomo dai calzoni in divisa che lo ha colpito. Forse se avesse smesso e fosse stato meno testardo, l’altro si sarebbe calmato. Quello, invece, disse poche parole, stava molto in silenzio e continuava a mormorare delle preghiere, facendolo arrabbiare di più.
Il fatto gli è rimasto bene in mente e ricorda tutto, certe parole le sente ancora risuonare, specie quelle che diceva quello che guidava l’auto e che sfotteva il prete, per istigarlo. e l’altro diceva che solo lui, il prete, aveva cose da farsi perdonare per il male che aveva fatto. Il prete allora lo guardò più a lungo e l’altro si arrabbiò di più”.
Trieste, febbraio 2015