Subota, 16 studenoga, 2024
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Ultima omelia

Continuando quasi la spiegazione del Vangelo di domenica scorsa possiamo dire che oggigiorno tanti sono ancora sordi a queste due grandi verità: che per salvarci sia necessario amare il Signore con tutto il cuore e sopra tutti gli interessi di questo mondo ed ancora amare il prossimo come se stessi.

E chi è il mio prossimo? Domandò quel dottore della legge. Il Maestro divino che vedeva la malizia di quella domanda rispose facendo a sua volta un’altra domanda: senti, se ti trovassi abbattuto sopra una strada deserta, lì per morire dissanguato, da chi vorresti essere aiutato? Ma da tutti, dal primo che passa. Anche se fosse uno sconosciuto? Sì. Anche se fosse uno straniero, oppure un tuo nemico politico, un tuo nemico personale? Sì, da qualunque. Ebbene, concluse Gesù, fra anche tu altrettanto. Qualunque che ha bisogno di te: parente o conoscente, connazionale o straniero, amico o nemico è il tuo prossimo.

Ora tra quanti ci diciamo cristiani chi si sente di praticare ogni giorno il Vangelo in questo modo? Intorno a noi ci sono persone che hanno bisogno, che soffrono. Chi si sente di aiutarle?

Non sembra, ma purtroppo è una realtà: oggi ci siamo fabbricati un Cristianesimo come ci si fa fare un vestito, ossia su misura: e la misura sono i nostri comodi e i nostri interessi. Fin che si tratta di far battezzare, di mettere alla Prima Comunione, di un funerale passi ancora che si sia cristiani, ma poi che si debba amare il Signore soprattutto e sopra tutti e il prossimo come noi stessi, ah. Poi è un’altra questione: si direbbe, distinguo: fin che mi torna conto.

Se vogliamo praticare un Cristianesimo che salvi un giorno la nostra anima, che ci garantisca un posto in Paradiso dobbiamo praticarlo come lo ha insegnato Gesù…. Ricordiamo ora alcune massime di Gesù Cristo in riguardo al nostro amore verso il prossimo.

Egli ha detto: il mio precetto è questo, che vi amiate tra di voi. E come? Chi ha due vesti ne doni una a chi non ne ha; similmente faccia per il cibo: ecco l’elemosina materiale. Poi: Fate del bene anche a quelli che vi odiano, che vi perseguitano, che vi calunniano: ecco l’elemosina spirituale, il perdono.

Ma Gesù all’insegnamento ha messo davanti il suo esempio: non ha detto forse voi dovete fare così, ma invece: voi lo farete perché prima l’ho fatto io: quindi prima l’esempio e poi l’insegnamento.

In fatto d’amore per il prossimo troviamo che Gesù:

ama i bambini: rimprovera chi glieli allontana; maledice addirittura chi li scandalizza; li propone a modello per la loro innocenza.

Ama i poveri: vuole essere circondato da essi.

Ama gli ammalati: si commuove davanti alle loro piaghe; trema sentendo i loro gemiti, per essi compie quasi tutti i miracoli.

Ama i peccatori e si paragona al buon pastore che va in cerca della pecorella smarrita: ne vuole la conversione.

Ama persino il suo traditore che lo chiama addirittura amico.

Ama i propri crocifissori: per essi domanda perdono al Padre celeste.

Ecco quale esempio che ci ha lasciato Gesù verso il nostro prossimo: dunque imitiamolo: non c’è qualità di persone che possa venire esclusa dal nostro amore cristiano.

Amiamoci l’un l’altro come ci ha amato.

A voler raccontare come i Santi hanno messo in pratica l’amore verso il prossimo a cominciare dalla Madonna fino ai nostri giorni ce ne vorrebbe del tempo. Soltanto qualche fatto.

Troviamo per esempio che i Santi Gioachino ed Anna, genitori della Madonna, erano abituati a dividere i loro beni in tre parti: una per i poveri, una per i bisogni dei tempio di Gerusalemme ed una terza parte la riservavano per se stessi, per vivere.

Un S. Giovanni di Dio era abituato a lavare i piedi a tutti i poveri prima che si mettessero a mangiare.

Un giomo si accorse che un povero aveva i piedi forati coma da chiodi. Alzö gli occhi e gridö: Siete voi dunque o Signore? Sì, o Giovanni, e sono contento della cura che tu hai per i miei poveri. E spari.

Pietro I re di Portogallo disse: In quei giomo in cui il re non dona nulla egli non merita di essere chiamato re. Cosi noi possiamo dire: In quel giomo nel quale il cristiano non presta alcun aiuto, non fa niente di bene a vantaggio dei prossimo, non merita neppure di essere chiamato cristiano.

 

(domenica XII dopo Pentecoste, 1 settembre 1946)